LETTERA “2 NOVEMBRE”
Carissimo Marino,
ti ringrazio per avermi fatto leggere la poesia 2 novembre. Innanzitutto la prima impressione ad avvincermi è stata quella del substrato filosofico che accompagna il procedere ritmico della tua lirica. Noi che siamo aldiquà dall’Antica Porta, ci apprestiamo simbolicamente a meditare una soglia, che dividendo gli opposti di morte e vita, congiunge nell’unicità di un rito tutti noi che ancora respiriamo le arie autunnali di questa dimensione fisica, di questo viaggio temporale che come la cadenza ritmica di un verso; scandisce i giorni, i mesi e gli anni che ci abitano. In questa ricorrenza, come tu giustamente osservi, dobbiamo presentarci ai trapassati con la parola del silenzio; unico linguaggio ontologicamente permesso, a noi, che siamo ancora tra i vivi e non ancora tra i viventi. Entusiasma l’intelletto, anche l’immagine del gatto che altezzosamente indugia altero sulle soglie delle tombe: altero perché l’animalità del gatto si ferma alla dimensione psichica del processo vitale, e non ha accesso al contrario a quella spirituale dove l’uomo per sua condizione patisce il dolore del dover un giorno tra-passare quella soglia che è la morte. Il gatto nella sua altera inalterabilità già vive nell’eterno, poiché inconsapevolmente estraneo al pensiero che un giorno esso dovrà morire. Vive all’oscuro di ciò che attanaglia l’uomo nel pensiero. Per lui non c’è soglia, è un inconsapevole guardiano di una soglia che non conosce. Mentre l’uomo conta i passi e il piegarsi dei cipressi alle ombre, partecipa alla declinazione della luce, ne conta la rifrazione, si stupisce di essere vivo!
Osserva quei volti immobili sulle lapidi marmoree: sembianze di uno sguardo che racconta soltanto un passato e mai un futuro avvenire. La mente che osserva, come il tuo poetare espone, stabilisce irrevocabilmente nell’ istante presente, il punto in cui il passato di chi è morto si identifica con il possibile futuro di chi ancora vive, facendone un tempo di contraddizione ed una contraddizione di tempo. Nondimeno tu caro amico, lasci negli ultimi versi, aperta una porta …. dove vorrei, con speranza umana e certezza di filosofo, che non passassero fantasmi, ma angeli, che amorevolmente conducano le nostre anime alle altezze supreme di una luce metafisica ed eterna, in cui tutti, nella gloria, saremo finalmente a casa.
Con affetto, stima e gratitudine,
Francesco.