LIBERTÀ COVID

Ovunque il mio orecchio si posi ad ascoltare, sente sempre la stessa parola canzonata: “LIBERTÀ”.
Ha un suono nuovo con accenti diversi.
Sarà pure per questo, che la mente, nel mentre essa giunge a vibrare tra i padiglioni, non la riconosce subito.
Il suo primitivo significato, mi rimanda ad epiche rivoluzioni, di gente comune coi panni rotti e le scarpe stracciate, a uomini e donne con gli occhi segnati dal dolore, assoggettati e asserviti alla sudditanza di ideologiche padronanze.
Erano marce rumorose, di passi pesanti, decisi, pronti a perire sotto i colpi infuocati e remissori di violente dittature…
Dalla finestra, del mio ospedale, che si affaccia sulla piazza principale, invece, vedo persone diverse, che urlano e sbraitano un dolore nuovo, che non conosco o mi aspetterei di sentire.
Voci e parole violente si levano dissimili e difformi nell’aere.
Attonito è lo sguardo dietro la visiera appannata.
Rimetto alle loro grida, la smania e la voglia di fiatar a tutto petto, ma mi sovviene subito la missione a cui ho voluto dedicare la mia vita.
Il monitor, ai piedi del letto d’un sofferente, ansima a richiamar la mia attenzione, a modulare le dosi dei bicarbonati.
Lui, è il paziente del letto 5.
Ha il torace ben in vista e gli occhi abbandonati e semichiusi al suo destino.
Anch’egli, come gli altri, qui in reparto, fa fatica a respirare e giace silenzioso, inseguendo, uno dopo l’altro, un respiro ristoratore.
Il vociare giù, giunge sin quassù.
Cerco di vedere meglio, asciugando il viso imbibito di sudore e allontanando dalla pelle la tuta protettiva.
In un istante, vedo meglio i loro volti e le loro sguaiate bocche, arringare la folla al grido di: – Libertà, libertà…
La mia testa si fa pesante e avverto ancor di più la sensazione soffocante che la tuta protettiva ha sul mio corpo.
Mi accorgo, che i pensieri, distolti dalla quotidiana premura di accudire, si fanno duri e asfittici e mi esortano a riguardare pure alla mia salute.
Perentorio è l’avvicinarsi al mio scafandro della collega, di cui riconosco solo gli occhi e la egual sorte.
Ha gli occhi come i miei, più chiari e tondi, ma ugualmente stanchi.
Mi fa un cenno silenzioso, rivolgendosi alla folla disordinata e rumorosa nella strada e mi dice: – Libertà!