Le lancette tremavano, sotto il mio sguardo incerto, arrampicate ai numeri d’un orologio appeso.
Chino a tre quarti, con l’occhio destro a seguire la trattoria d’un cavo di tv color.
Mi giungevano affievolite le voci dei presenti che inveivano per un qualcosa a me imprecisato.
Nel preciso istante, in cui la provvidenza ha decretato la fine del primo tempo, ho lasciato in fretta il campo al mio compagno per i restanti 45′.
Rientrato in stanza, ho tolto la maglietta e ho posato le membra, esausto sul mio giaciglio, rinfrancato esso della mia assenza.
Le coperte di cotone acrilico mi dissuadono presto a perdere i sensi tra le braccia di Morfeo.
Il momento è simile al refrigerio che la borraccia concede all’arsura del bracciante tra i filari di roventi angurie.
Cosicché rinvigorisco nel bisogno di fissare i riverberi della lieta e atipica serata.
Ripassando i momenti di gioiosa convivialità con gli amici di Nico, spero, così facendo, ch’essi riescano a ricreare trame oniriche piacevoli rispetto agli abituali incubi della notte.
In questa scena alienante, sorgono improbabili interlocutori, che alla mia richiesta di dialogo si animano, pur essendo molto di parte!
Nel mentre faccio per raccontar loro l’insolita serata, la luna attraversa i vetri doppi della finestra e reclama a sé le mie prime argomentazioni.
Stasera, la sua bellezza è prorompente, in tutta la sua circolarità, cui fa da sfondo un lucente ed elegante cielo trapuntato.
Resto rapito e le dico:
– All’inizio ho retto bene il confronto accennando pure qualche sorriso.
Nico conosceva la maggior parte dei presenti ed io mi sono limitato ad annuire come potevo, ancorché non sapevo nulla né dei calciatori né dei presenti.
Stare con altri, mi ha fatto comunque bene, non fosse altro per avermi dato la possibilità di osservare e apprendere i modi e i tempi camerateschi dello stare insieme.
Ho capito d’esser fuori da ogni contesto, ma allo stesso tempo sono certo di poterne fare parte, se non rassegnandomi all’idea di aggiornare la mia rinascita a questa sera.