L’ARRIVO DI MARIANNE

Il risveglio gli era apparso subito confortante dal momento che non si era accorto della pioggia che era caduta sulle case, sui vetri di camere segrete e sulla coscienza di chissà quali anime di amanti.
Era inquieto e al tempo stesso eccitato all’idea di vedere finalmente Marianne.
Così che, dopo una doccia di fumi e sguardi intriganti tra lui e lo specchio, si diresse fiero alla sua cabina armadio, dove il suo harem di cravatte e vestiti, lo attendeva per corteggiare e ammiccare la sua vanità.
Era per lui uno spazio importante della casa.
Fantasticava e di conseguenza sceglieva colori e creava audaci abbinamenti.
Lo specchio lungo sul muro lo ritraeva per intero e, per il modo in cui lo faceva, sembrava convalidare la sua scelta come avesse l’anima di una donna che lo amava da sempre, in silenzio, come una mamma fa, consigliando, al primo appuntamento, suo figlio.
March percepiva la presenza di questi affetti statici che vivevano con lui.
L’orologio a pendolo allora chiamò le ore 12 con la sua solita eleganza, data dalla sua età di fabbricazione del secolo scorso.
Indurì il ventre e in un attimo il suo aspetto si impettì.
Raccolse la boccetta al lato del lavabo e si lasciò coprire dal leggero e prezioso vapore che tante volte aveva odorato e fatto presagire i suoi amori.
Uscì.
L’essenza magica di profumi e sapori lavati aveva polarizzato le particelle d’ossigeno che, lontano dalla vista orba dell’essere umano, saltavano giocando fra esse.
March non poteva saperlo.
Restò un po’ sulla soglia a godere  come sempre della meraviglia del creato e poi camminando sul lato della via si apprestò a raggiungere la stazione.
Il tragitto, lo scambio educato di saluti, con gli avventori ancora sobri delle locande e delle loro dame, sembravano essere tasselli preformati per quell’occasione.
Dicevo, la stazione era animata di là da volti gonfi per la partenza e al di qua, dove era March, da visi tronfi di gioia per l’arrivo del treno, che entrando, finalmente, nella loro vista lanciò uno sbuffo fischiante e al tempo stesso di sollievo.
Era quello il treno su cui vi era Marianne.
March prese allora a guardare uno per uno ogni finestrino che dava sul lungo marciapiede che faceva da confine tra chi saliva e chi scendeva, tra chi aspettava e chi tornava.
Quella scena impreziosiva e accresceva sempre di spirito romantico ogni uomo e donna che avesse un cuore e ne assistesse.
Mentre il suo sguardo era a metà del convoglio ammuffito sentì ripetere il suo nome con accento conosciuto:
-March… March…
Lo sguardo di lui fu lesto a dirigersi su uno oblò squadrato e semiaperto da cui fuoriusciva il braccio e la mano gentile di una donna che reggeva un cappello elegante a richiamare la sua attenzione.
La vista illuminò il soggetto o forse fu il contrario, ma tant’è che quello che si apriva ai loro occhi doveva essere certo la luce della pura bellezza.
Il loro desiderio serrò le ganasce e trattenne il convoglio che smise di sbuffare e si arrestò.
March le corse incontro e intimò con lo sguardo il capostazione ad aprire l’ugello e far scendere i passeggeri e le loro mercanzie.
Quand’ecco che la figura di Marianne e della sua valigia rettangolare gli si presentò innanzi pronta a balzare in tuffo  tra le sue braccia da quell’insolito e inedito trampolo ferroso.
March la fermò dall’intenzione e protese, attento, la sua mano a stringere la sua e con l’altra afferrare il peso del suo trasporto, che nulla era confronto alla forza della sua eccitazione.
A Marianne fu facile stimare la vigoria del fisico di March, per cui non poté resistere dal cingersi, comunque, alle sue spalle e scendere planando sul marciapiede.
Cambiarono le altezze e i punti di osservazione ma non l’intensità dei loro sguardi dal momento che March era più alto di almeno un palmo.
-Finalmente! disse Marianne.
Certamente nessuno dei presenti, oltre a me, avrebbe saputo definire i tempi con i quali i loro corpi si strinsero e restarono abbracciati insieme.
I bagliori entusiasti li unsero miracolosamente le pupille.
-Andiamo laggiù. e indicò un motel che stava giù dal promontorio dove appunto la stazione era.
March durante il percorso le teneva la mano e non avevano fretta di nulla, perché, come già detto, il tempo era una questione solo loro e mia.
Marianne scordò di colpo di aver viaggiato in una scomoda carrozza minimalista, come voleva l’epoca, dimenticando ogni possibile segno di stanchezza su di essa.
All’arrivo ad accoglierli una signora, che il lavoro aveva irrobustito e reso alta e di bella stazza.
-Prego signore, lasci a me la valigia. Vi accompagno nella stanza che lei mi ha ordinato di preparare per la signora. E detto questo, fece un cenno ai due di seguirla.
Sicuramente Marianne non ebbe la lucidità di chiedersi se non fosse quella la prima volta che March avesse incontrato la donna, lusingata anche dalla riuscita con cui egli aveva predisposto il suo arrivo.
Susanne, presentata la stanza con ampio letto ad una piazza e mezza e mostrato il bagno completo di ogni cosa, si congedò dopo un ultimo saluto.
Le tende, che celavano la vista di una finestra su un prodigioso panorama di monti e valli, restarono tirate.
Marianne si avvicinò e, pur tacendo a Susanne, che sarebbe stata lei a doverlo fare, aprì le tende legandole ai lacci.
Le mani forti di March allora le sovrastarono le spalle facendo cadere il cappello e il suo blazer su una poltrona poco più in là.
Quel movimento e attrito di tessuti acuì i brividi sulla pelle linda e liscia di Marianne.
March ne percepì egli stesso l’emozione e lasciandosi su di ella, la prese da dietro stringendola sui fianchi.
Risoluto e assecondando i fermenti pur di lei, le spostò i capelli e piegandosi sul collo, la baciò.
-Attenta, non respirare, sospira solamente. Le ordinò.
I grandi vetri sul paesaggio davanti a loro iniziarono col riempirsi di isolate gocce, che di lì a poco divennero pioggia battente.
March sospinse le mani sotto la camicetta e le lasciò scorrere sui profili di Marianne. La strinse forte e sentì i suoi sospiri farsi più intensi e lamentosi come colta da un’eccitante sorpresa.
Era chiaro…si appartenevano e non ci sarebbe stata alcuna violenza sui sensi dell’uno e dell’altra.
Marianne fremeva e diventò inquieta. Si voltò colorata in viso a baciarlo. Afferrò il nodo della cravatta e lo allargò. Aprì la camicia scoprendo il petto maschio che aveva indovinato per tempo. E lui fece lo stesso con i suoi, sfilandoli con veemenza.
Si ritrovarono nudi a letto.
Le labbra bruciavano e cercavano conforto tra di esse.
Nascevano sapori umidi.
Pioveva forte e la finestra era tutta bagnata dei loro umori e insieme giacevano uniti e riscaldati dal fuoco della passione.
March la proteggeva sul suo petto e Marianne non voleva altro. Respiravano e si guardavano.
Non c’era nulla di più bello.