SUSANNE E POI QUEL CAFFÈ

March sedeva, silenzioso, sul divano, con gaie fodere di crettonne, in un’angolo, di fronte al grande letto.
Alle spalle di quel talamo, come detto, tra gli squarci morbidi di terrei tessuti, il mondo urlava e pulsava nei suoi occhi un panorama di montagne incastonate tra gole verdeggianti e intense mousse di nuvole bianche.
La luce dei monti è la commistione surreale tra la presenza di Dio e la bellezza del mondo da lui creata a sua immagine.
Il tempo era stato troppo breve per riuscire a modificare quel paesaggio, tant’è che gli apparve, come allora, Susanne.
Era in abito da lavoro, succinto, a dire il vero, ma in cui lei si muoveva leggera e… bene.
Susanne era andata in stanza quella mattina!
Era rimasta in bilico tra quello che era fuori quel grande vetro e le emozioni vibranti rinchiuse in quella stanza.
La sera precedente March era arrivato in albergo. Aveva percorso il tratto tra la stazione e l’albergo sotto ad un temporale. Ogni passo nella hall strizzava acqua dalle sue scarpe. Era fradicio.
Susanne lo accolse e lo aiutò a liberarsi, con premura, del pesante cappotto nero intriso di acqua. Poi successe, che per levargli il cappello di testa e dai suoi occhi, i loro sguardi si incrociarono…
Era lì, ancora, che schiudeva la stanza sul mondo dove torrenti rinsaviti, dall’impeto del temporale notturno, travolgevano i fianchi dei monti.
Era stato subito chiaro agli occhi di March come lei avesse indovinato come il fascino di quella vista procurasse scompiglio tra il suo cuore e la mente.
Quella luce miracolosa entrava trapassando ogni cosa, così pure il vestitino rasato di Susanne.
La sua figura era in contrasto e chiaramente reale, ma ugualmente estasica.
March si alzò e proseguì scalzo sul parquet verso di lei.
Pur senza guardarsi, avvertivano ogni loro movimento tanto era intima e calda la distanza tra di loro.
Lo avevano percepito entrambi ma risultò, comunque, inattesa l’improvvisa stretta sui fianchi di lei, che Susanne trattenendo il fiato sobbalzò indurendosi.
March ne riconobbe l’incauto gesto ma pronto a riconoscerne l’intenzione e semmai la colpa.
Potessi dirvi di quanto e cosa ci fu in quel momento dovrei prevaricare i limiti e le  competenze di altre scienze che non sono mie, ma lascio ad ognuno dei miei lettori l’esperienza di immaginarne gli eterei contenuti.
Alcuna manifestazione di rifiuto  provenne da Susanne.
L’arguzia di March divenne presto bollente passione.
Le sue mani cinsero arroventando il bacino e la pancia di lei.
Avvolta com’era, non poté nulla nemmeno quando sentì le labbra di lui piegarsi sul suo collo a smuovere i respiri intorno a loro.
– Attenta… non respirare.
Proseguì dicendo poi:
– Sospira.
Effettivamente a Susanne mancò la forza di inspirare che fu solo capace di lunghi e profondi espiri.
Si abbandonò roteando tra le braccia forti del giovane March e colse avidamente i sapori dalle sue labbra.
I torrenti divennero fiume e le sue acque precipitavano rincorrendo le discese vive e ispide levigando le fiancate saltando tra dirupi.
La strinse forte inarcandola a dirigere meglio i movimenti a slegare i bottoni della sua camicetta.
Ogni parte conquistata del corpo di Susanne era accompagnata da sfioramenti e languidi morsi.
Il seno era ormai nudo e sopraffatto in balia di Marc e della sua virilità.
La luce si fece più intensa sul petto forte di lui mentre diveniva più dolce e mite sul corpo di Susanne giacché non v’era alcun bisogno di amplificarne le fattezze femminili e sensuali.
Corpi plastici mossi dalla passione e resi un tutt’uno.
Il ricordo vivo lo inorgogliva.
Il profumo del caffè e il vorticante tintinnio del cucchiaino lungo i bordi della tazza destarono il sogno risuscitato.
– L’odore sembra buono. disse la bella Marianne che porgendolo, lo baciò.